Seconda intervista della rubrica “La 2D to 6D incontra…”. Protagonista di oggi è Walter Bertona, BIM Project Coordinator di Caleffi, colosso nella produzione di componenti termoidrauliche di alta qualità e punto di riferimento per la realizzazione di famiglie Revit nel suo settore. Ma come e quando l’azienda si è approcciata al workflow BIM? Cosa c’è nel futuro di Caleffi? E quale sarà, invece, il futuro del BIM? Le risposte a queste e ad altre domande nell’articolo di seguito!
Caleffi Hydronic Solutions, azienda leader nella produzione di componenti termoidrauliche, è una realtà da prendere da esempio per come ha saputo calarsi nel processo di digitalizzazione che ha coinvolto anche il suo settore: quasi sei anni fa, infatti, ha cominciato a dedicarsi all’implementazione del workflow BIM. Senza paura nell’evolversi e nel mettersi costantemente in gioco, come abbiamo scritto anche nella nostra sezione “Experience”, si è avvicinata con consapevolezza al Building Information Modeling. Ma non è stato semplice…
Abbiamo intervistato Walter Bertona, BIM Project Coordinator di Caleffi. Con lui abbiamo ripercorso le tappe che hanno portato l’azienda a diventare un punto di riferimento per il download di famiglie Revit, tra difficoltà, punti di svolta e considerazioni sul futuro del BIM in Italia (e non solo).
“Caleffi is BIM ready”. Nella home del vostro sito web si viene accolti così. Quand’è, di preciso, che Caleffi ha deciso di “seguire il flusso BIM”?
Caleffi è una società internazionale: il nostro gruppo conta più di 1300 dipendenti, con una distribuzione che coinvolge più di 90 Paesi nel mondo. Il fatto di essere, appunto, una realtà internazionale è stato un po’ la nostra fortuna per quanto riguarda il BIM.

Quali fasi ha dovuto attraversare Caleffi prima di diventare padrona di questo workflow?
Come per tutti, anche per noi il primo passo è stato dover comprendere a pieno cosa fosse il Building Information Modeling. All’inizio, abbiamo pensato si trattasse solo della richiesta di un ennesimo formato diverso per i nostri oggetti; richiesta in Revit, per la precisione. Ma la semplice conversione di un 3D meccanico in .rfa, ovviamente, non funzionava: i modelli ci venivano rimbalzati. Allora, ci siamo resi conto che il BIM fosse un qualcosa a sé, di totalmente diverso, e abbiamo saziato la necessità di capire, ad esempio, cosa significasse fare una valvola in Revit, il che è totalmente diverso da fare un tavolo, una sedia o una porta, con tutte le specificità del caso assolutamente da rispettare.
Dal 2014 tramite l’America – come dicevo – e poi l’Olanda e l’Australia, ci siamo dedicati maggiormente al discorso Revit e, soprattutto, alla modellazione delle famiglie da zero, nonostante avessimo già il 3D di molti prodotti. Proprio questo passaggio, che all’inizio poteva sembrare follia, si è dimostrato il nostro punto di forza: si è rivelato l’unico modo per dare ai progettisti oggetti di alta qualità e basso peso.
Nel 2014, dunque, è cominciata la vera implementazione del BIM nella vostra azienda. Ma avete fatto una scelta precisa: invece che assumere esperti esterni già qualificati, avete preferito formare personale interno. Quali benefici pensate che ciò abbia portato a Caleffi?
Una delle principali linee guida che ci siamo dati in Caleffi è stato il know-how interno, per diversi motivi. Innanzitutto, trattiamo prodotti molto tecnici che si portano dietro molti dati. Poi, abbiamo da sempre la necessità di produrre una libreria assai vasta, per la quale vogliamo garantire il controllo della qualità. Insomma, affidarsi a una società esterna sarebbe diventato molto laborioso.