Prima intervista della rubrica “La 2D to 6D incontra…”, una delle novità del nostro sito web. La inauguriamo con Emiliano Segatto, molto di più che ringmaster della Volcano High. Con lui abbiamo approfondito alcuni aspetti di “Autodesk Revit per impianti MEP”, per poi soffermarci su concetti cari anche a noi della 2D to 6D.
Nuovo sito, nuove attività… E non solo in campo propriamente BIM! In questa sezione del portale web troverete, infatti, le novità riguardanti la sfera della comunicazione: contenuti di vario tipo e – ci auguriamo – di grande interesse, tra cui interviste a importanti personalità del nostro macro-mondo lavorativo, che andranno ad arricchire la rubrica “La 2D to 6D incontra…”.
La inauguriamo oggi con l’intervista a Emiliano Segatto, ringmaster della scuola Volcano High, già fulcro di AM4, anima di 42 HUB e guida nascosta dietro “Autodesk Revit per impianti MEP”, la nuova importante pubblicazione per il mondo BIM.
A lui abbiamo chiesto maggiori dettagli proprio su quest’ultimo progetto editoriale, ma non solo. Ne è venuto fuori una sorta di viaggio virtuale, che ha toccato anche le sponde della 2D to 6D, tra i tanti aspetti dell’esperienza lavorativa – e non – di un professionista poliedrico, attento alla ricerca e all’innovazione, da cui prendere carica e ispirazione.
Dopo poche settimane dall’uscita, “Autodesk Revit per impianti MEP” è andato subito sold out. Segno che le precedenti pubblicazioni sono state apprezzate e hanno creato aspettative e affezione tra i lettori del settore. Immaginiamo che siano validi motivi per continuare a lavorare a testi del genere; ma quali sono gli altri stimoli che l’hanno spinta a credere in questo progetto?
La domanda trova semplice risposta nel perché abbiamo iniziato a creare libri tecnici sui software già nel 2006: realizzare pubblicazioni che, diversamente da altre, permettessero ai lettori di imparare a usare il software (il motivo per cui si compra questo tipo di libri!) e non solo perché capissero cosa ci si può fare.
Questa convinzione ci accompagna ancora dopo quattordici anni. È il principio guida al quale ci atteniamo ogni volta che affrontiamo un progetto editoriale e che gli autori condividono. Tutt’oggi crediamo in ciascun singolo libro del quale affrontiamo la redazione, perché il numero delle vendite (più di quarantamila testi venduti negli ultimi dieci anni, cioè da quando lavoriamo insieme alla casa editrice Tecniche Nuove) per noi è innanzitutto il numero delle persone che – ci piace pensare – abbiamo aiutato nel ricavarsi una nuova occasione lavorativa o a migliorarla.

Abbiamo notato che, a differenza di “Autodesk Revit per l’Architettura 2020”, quest’ultima pubblicazione non ha, appunto, l’anno indicato nel titolo. Vuol dire che nasce come volume unico o seguiranno step successivi?
In accordo con la casa editrice, abbiamo volutamente omesso l’anno dal titolo perché si tratta di un libro avanzato, pensato e studiato affinché abbia una vita editoriale di diversi anni. Nel mondo dell’informatica, in cui ogni anno cambiano le versioni dei software, si tratta di una scelta forte e precisa: se da una parte crea continuità di progetto, dall’altra richiede un attento studio dei contenuti perché possano risultare sempre “evergreen”.
Anche se, in realtà, la possibilità di rivedere la pubblicazione ogni volta che il software Autodesk Revit viene aggiornato c’è: Tecniche Nuove – prima casa editrice tecnica a livello nazionale – si avvale di avanzate tecnologie di stampa digitale che permettono di aggiornare i contenuti a seconda della versione del software su cui sono basati, pur senza toccare argomenti e esercizi. Nella quarta di copertina è sempre riportata la versione di Autodesk Revit a cui il libro si rifà.
In questo modo, la pubblicazione resterà fruibile con le diverse versioni del software che usciranno nell’immediato futuro.
“Autodesk Revit per impianti MEP” è un libro scritto da quattro autori, ognuno con know-how differenti, tutti giovani e qualcuno alla prima esperienza di stesura di un testo di tale portata. Cosa ha cercato di trasmettere a chi ha lavorato al libro?
Nella realtà dei fatti è stato Simone Pozzoli, uno dei quattro autori ma vero deus ex-machina del progetto, a coordinare gli altri (Paolo Roberto Rossi, Domenico Longo e Matteo Gianninoto, ndr). Con lui condivido ogni valore trasmesso ai tre collaboratori che hanno dato il loro grande contributo: dedizione verso il lettore; profondità di spiegazione; metodo espositivo; cura nel redigere esercitazioni che non fossero solo elenchi di passaggi da fare, ma veri e propri momenti di ragionamento e di apprendimento, così da poter essere autonomamente ripetuti. È un leitmotiv riassumibile con l’espressione “il lettore al centro dell’attenzione”.
Non solo il lavoro dei quattro autori e la sua guida: questo libro è il frutto anche di insegnamenti di grandi professionisti del settore. Tutti figurano tra i ringraziamenti all’interno del testo e tra questi vi è anche il nostro Neri Lorenzetto Bologna. Ci può raccontare come vi siete conosciuti, personalmente e professionalmente?
Poterne parlare è un piacere. Neri ha iniziato a collaborare con noi dalla prima edizione del MasterKeen BIM Specialist che teniamo presso la nostra scuola, a Lecco. Lo conoscevo già, anche se in modo indiretto, perché sia lui che io siamo nel mondo Autodesk fin dall’antichità, ovvero dagli anni novanta: è sempre stato un professionista di grande esperienza – e quindi molto noto – nel nostro mondo. Così, quando è stato il momento di pensare a un modulo su Autodesk Revit MEP per il MasterKeen, gli ho offerto la possibilità di tenerne uno di ben due settimane, il che ai tempi – in un periodo in cui il MEP era relegato a corsi di pochi giorni – equivaleva alla possibilità di approfondire come mai prima la disciplina. Era sicuramente uno dei più grandi esperti in materia e si è immediatamente reso disponibile, felice che finalmente qualcuno desse così ampio spazio al MEP in un progetto formativo. E, mi permetto di dirlo, ha trasmesso agli studenti non solo la sua professionalità, ma anche tutto il suo entusiasmo, la passione e la dedizione. Aspetti che apprezzo sempre moltissimo in un istruttore professionista e che ho il piacere di ammirare tuttora – a distanza di quasi cinque anni da quella “prima volta” – ogni quando ritorna a insegnare da noi.
A proposito del MasterKeen, anche molti componenti della 2D to 6D lo hanno frequentato. Si può dire lei li abbia visti maturare in campo lavorativo. Cosa l’ha colpita di più del loro percorso di crescita?
I ragazzi attualmente in forza alla 2D to 6D che arrivano dal MasterKeen BIM Specialist sono stati cresciuti professionalmente dai vari istruttori e quindi anche da Neri. Il ruolo particolare che lui ha sempre avuto – come ho già detto – non è stato relativo solo alla materia MEP, ma anche al primo contatto con la condivisione della multidisciplinarietà, ovvero relativo ai primi passi dei ragazzi nel mondo della condivisione e della collaborazione. Una sorta di innesco, insomma. Da questo punto di vista, Neri è sempre stato una sorta di mentore anche per tutti quegli aspetti che, sviluppati poi a dovere, portano i ragazzi nel giro di pochi mesi a diventare BIM Specialist capaci di operare in regime di “team liquido”.
Dal primo reclutamento di Giuseppe Terracciano, che ancora ricordo con piacere, passando poi a chi si è aggiunto nel giro di poco tempo come Umberto Piezzo e tutti gli altri (non li elenco solo per questione di tempo e spazio), quello che ho sempre notato è stata una maturazione incredibile della capacità professionale, che ritengo sia merito di chi li ha accolti sotto la propria ala professionale – cioè Neri – che ha saputo valorizzare e mettere a regime le singole potenzialità di ciascuno. Sono tutti ragazzi giovani, dall’incredibile valore umano e dalla grande competenza tecnica, che hanno trovato la possibilità nella 2D to 6D di mettere a completo regime il teamwork avanzato. E non vi è dubbio che chi lavora al fianco di Neri quotidianamente – come Giuseppe e Umberto – abbia ereditato le grandissima capacità di compiere sia l’ottimo lavoro tecnico, sia l’importante lavoro di gestione dei team.
Ha parlato di “liquid team”, uno degli aspetti caratterizzanti della 2D to 6D. Cosa le piace di questo modo di lavorare?
La 2D to 6D è stata una delle prime aziende in assoluto ad adottare tale framework di project management – che in sé contiene, e richiede quindi di saper utilizzare, i framework più diffusi, quali il Prince2, l’Agile, lo Scrum, il Lean – grazie alla presenza di nuove generazioni di professionisti capaci di adottarlo e soprattutto di un leader capace di attuarlo.
Come spiego sempre nei moduli di teamwork che mi competono nel MasterKeen, da un’ottima dinamica collaborativa non può che nascere e crescere professionalità con una grande velocità: a pieno regime, così come ho sempre visto succedere nell’azienda condotta da Neri, le singole intelligenze collaborano alla creazione di una “intelligenza diffusa”, che incide direttamente sull’aumento della professionalità di ogni membro. Ciascuno, nella piena condivisione e collaborazione, può aiutare a fare in modo che gli altri possano apprendere dal suo buon lavoro; ma, soprattutto, può imparare a sua volta dal potenziale degli altri, ricevendo più di quanto non riesca a dare.
È una dinamica di crescita esponenziale: l’ho vista maturare nei ragazzi che ho ritrovato dopo l’inizio della loro collaborazione alla 2D to 6D. Neri ha basato l’ambiente di lavoro sulla fiducia nelle capacità di chi lavora per lui, permettendogli non solo di fare al meglio il proprio lavoro, ma anche di dare il massimo di propria volontà, creando le migliori condizioni per sé e per i colleghi. Uno spirito di generosità e serietà professionale che permette di ottenere risultati grandiosi, perché nascono e crescono dal team e per il team.

Ora parliamo di Emiliano Segatto. Come abbiamo accennato, è stato la guida nascosta dietro “Autodesk Revit per impianti MEP”; ma è anche l’anima della Volcano High, che ha raccolto l’eredità di AM4, nonché fulcro della startup 42 HUB. E poi?
Iniziano le domande più difficili a cui rispondere, perché non amo parlare di me se non con i fatti. Comunque, Emiliano Segatto ha due occupazioni principali.
La prima è gestire l’attività formativa (che nell’ultimo anno è passata da “centro di formazione” a “scuola” grazie ad alcuni importanti riconoscimenti di merito che abbiamo avuto), tenendo sempre gli studenti al centro dell’attenzione. La seconda è sviluppare, contemporaneamente, in modo concreto nuove idee, nuovi paradigmi, nuovi modi di vedere e fare le cose in ambito formativo, creando soluzioni che possano essere utilizzate non solo in ambito scolastico, ma anche per migliorare l’esperienza lavorativa professionale delle aziende. Da anni era nostra intenzione creare un ambiente di ricerca e sviluppo, che si è concretizzato a novembre 2019 in 42 HUB, l’acceleratore di startup della scuola, con il quale implementeremo le nostre idee coinvolgendo ex studenti e istruttori, trasformandole in vere e proprie attività professionali.
Ci può dire se c’è qualcosa di nuovo che bolle in pentola?
Di cose in pentola a bollire ce ne sono molte… Siamo sempre stati vulcanici: avevamo il nome AM4, ma il “Volcano” era già nel nostro DNA!
Tendenzialmente, però, parliamo delle novità solo quando le abbiamo portate a regime: per ciò che è “work in progress”, finché non ne testiamo la validità, preferiamo non sbilanciarci.
Diversa è la situazione per quello che abbiamo finito di implementare. Per esempio, da pochi mesi abbiamo portato a compimento un progetto, chiamato Trigger Center: un sistema di valorizzazione del merito, sviluppato per la nostra scuola basandoci sugli esistenti framework di Assessment, Development e Acceleration Center. Già utilizzati a livello aziendale delle risorse umane per l’implementazione dei Team, vi abbiamo aggiunto alcuni nuovi paradigmi per creare un processo di innesco (ed questo è il significato di “trigging”) delle migliori capacità delle persone, affinché riescano a comprenderle, svilupparle e metterle in campo per ottenere I migliori risultati.
È un qualcosa che abbiamo sempre fatto nel MasterKeen, ma ora è codificato in un metodo e in un sistema composto da diverse piattaforme, tra le quali una per Data Analysis, interfacciabile con qualsiasi fonte di dati, quindi anche con un CDE o un PDM, e una per il rilascio di Badge Digitali che attestano le competenze raggiunte tramite il metodo di innesco.
Tornando a concentrarci su Emiliano Segatto, qual è la sua giornata tipo, se esiste?
Purtroppo nella mia giornata tipo è sempre meno presente il mestiere che preferisco: insegnare. Gestire una scuola come la nostra e portare avanti la ricerca non sono attività semplici, e lasciano poco spazio al resto.
Essere istruttore è la parte che mi piace di più e la parte che mi piace di più dell’essere istruttore è l’entusiasmo che ho costruito in venticinque anni nel poter aiutare le persone a trovare la strada per costruirsi un futuro. Per fortuna, è una cosa che posso riversare anche nella gestione di Volcano High, facendo in modo che sia il posto dove ogni anno decine e decine di ragazzi, studenti e professionisti possano ricavarsi la propria miglior occasione di implementare la vita professionale.
La mia è una giornata tipo molto impegnativa, così come quella di qualsiasi altro professionista, ma finisce sempre con la soddisfazione di aver dato il massimo affinché le nuove generazioni di professionisti possano farlo a loro volta, costruendo situazioni altrettanto virtuose, esattamente come è successo a tutti coloro che dopo l’esperienza da noi hanno avuto la fortuna di poter iniziare a collaborare con la 2D to 6D.
Ed è proprio ringraziando la 2D to 6D che voglio concludere: non è mia abitudine mettermi in piazza e parlare di me, lo faccio solo quando mi sento a casa. E casa significa essere tra amici con i quali ho condiviso importanti esperienze e soddisfazioni professionali, delle quali ho ricordi belli e importanti.